Un atto di fede

di Stefano Conca

Il cicloamatore mente a se stesso e agli altri. Le motivazioni sullo sport che fa bene, sullo stare insieme, sull'avere una valvola di sfogo, sul ritagliare del tempo per se stessi, sebbene fondamentalmente vere, sono solo scuse! Sì, un enorme stratificazione di storielle per tenere a bada: compagni e compagne, mogli e mariti, figli e animali domestici. La verità è estremamente diversa e va ricercata altrove, in luoghi inesplorati e tutt'altro che ovvi. Su terreni lunari, ancestrali, sacri. Il cicloamatore autentico pedala per fede! Si sente un "prescelto" ed osserva gli altri come seguaci di una religione sbagliata. La domenica mattina infatti, proprio come il sacerdote che indossa sopra l'abito talare i paramenti liturguci, rinnova il rito della vestizione. Con una sequenza esatta di gesti, si veste in religioso silenzio e si prepara all'uscita. Se le condizioni atmosferiche sono estreme, tanto meglio! Attraverso il gelo e la sofferenza, il cicloamatore si immola, si purifica ed adempie alla sua missione. La bici da corsa smette di essere un semplicistico mezzo di trasporto, e diventa "l'oggetto" di culto, lo strumento per la redenzione del mondo. Purtroppo anche tra le file dei cicloamatori si nascondono gli estremisti, ciclisti intolleranti, che si impongono sugli altri a colpi di violenti rilanci, velocissime salite e vorticose discese. Questi martiri sono capaci di impressionanti fatiche, ed eroiche imprese. Pedaleranno dalle coste ai monti, dai deserti alle distese ghiacciate, finché anche l'ultimo infedele si sarà convertito;-)