La Pace
di Stefano Conca

Quando pedalo, quando sono nella mia tuta di lycra attillata che valorizza tutti i muscoli del mio corpo, quando aggancio gli scarpini di cuoio ai pedali della mia bici leggera, sinuosa e piena di tecnologia, allora tutto ha un senso. Per quelle due ore sono una macchina, sono parte di un meccanismo perfetto. Quando scarico la forza sui pedali che a loro volta la trasferiscono agli ingranaggi e poi alle ruote sottili come lame affilate, mi sento forte, resistente alla fatica, capace di macinare chilometri e distanze che mai avrei immaginato di percorrere. Aumento il ritmo, il vento è sempre contro, ma non demordo, mi abbasso, cerco di allungarmi sul telaio, chiudo le gambe e pedalo con le ginocchia che quasi si sfiorano. Piego le braccia in modo che i gomiti facciano da ammortizzatori del corpo e stringo appena il manubrio sulla parte più bassa della curva. Ora sono come un missile. Io e la bici siamo un tutt'uno, e fendo l'aria e taglio il vento. I battiti salgono, le gambe diventano più dure. So che non potrò resistere ancora a lungo, ma io sto lì, mentre fa tanto male, mentre il respiro si fa difficile, e la fame di ossigeno cresce velocemente. Qualche goccia di sudore sfuggita al vento scorre sulla testa fino a cadere fastidiosa sulla punta del naso e poi giù ancora più in basso a rimbalzare sul telaio. Intanto sono al limite, sento che non c'è più niente, la testa comincia a girare, ma io non mollo! Provo ad alzarmi sui pedali per dare una frustata alla bici e guadagnare ancora un metro. Non sono lucido ma ho un istante per stanare l'ultima scintilla di energia rimasta. Uno sguardo offuscato alla strada e stop! E' finita, stacco il motore dalla trasmissione. Le gambe rallentano, butto su qualche dente del cambio. Riporto le mani sul manubrio alto, cerco di distendere la schiena e riprendere fiato. I battiti scendono a poco a poco e il dolore alle gambe diminuisce, anche se rimangono dure e pesanti come il cemento. Ora sento che il respiro si fa più profondo, arriva a riempire lo stomaco e la fame d'aria si placa. Qualche sorso d'acqua mista ai sali dalla borraccia e sono di nuovo pronto per riprendere, per aumentare il ritmo ancora una volta e ripartire. Quando sono sulla mia bici, quando pedalo, tutto ha senso. Per quelle due ore di allenamento tutto è perfetto, ed ogni cosa ha un ordine e l'ordine è dentro e fuori di me.


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