2017 ANNO TOPICO PER LA MTB AZZURRA
di Gabriele Gentili

E' un anno fondamentale quello che attende la Mtb italiana: siamo all'indomani di un'Olimpiade che ha lasciato il settore italiano a mani vuote anche se gli azzurri, Fontana nella prima parte e Braidot in quella centrale sono stati protagonisti facendo anche sognare. Il problema della mountain bike nazionale in questo momento è proprio questo stato di "vorrei ma non posso", presentarsi sempre con legittime ambizioni salvo poi tornare a casa con tanto rammarico. E' una situazione che riguarda un po' tutti i settori: nel cross country maschile i big azzurri hanno tutti cambiato maglia alla ricerca di nuovi stimoli, nuove situazioni, nuove spinte verso il vertice. Fontana è chiamato a cogliere quei risultati, leggasi vittoria in una tappa di Coppa, ai quali è sempre andato vicino senza mai riuscire, Tiberi e i Braidot a confermarsi in pianta stabile nell'elite internazionale alla quale aspira anche Kerschbaumer, obbligato a fare quel salto di qualità che, a parte qualche sporadica occasione, non ha ancora compiuto dopo le tante promesse fatte nelle categorie giovanili volate a suon di titoli. Fra i giovani la situazione è obiettivamente difficile, non si vedono grandi talenti, ma c'è un Gioele Bertolini che scalpita fra gli Under 23 dopo una bellissima stagione nel ciclocross. Fra le donne la Lechner è chiamata a mettere fine a una stagione molto deludente e a ritrovare soprattutto quella resistenza alle alte intensità che le aveva permesso di cogliere ripetuti piazzamenti in Coppa. Nel frattempo dalle nuove generazioni, mai così prodighe di talento, si attendono segnali, con la Teocchi e la Rabensteiner che ormai hanno messo da parte sufficienti esperienze e la Berta, non per niente unica medagliata azzurra nelle due ultime edizioni mondiali, al suo esordio fra le Under 23 con dietro un grande apparato tecnico come quello messo a disposizione dalla BH-SR Suntour francese.


Nelle Marathon la situazione è molto simile: il ricambio generazionale tanto agognato è ormai compiuto e la nazionale può avvalersi di campioni nel pieno della loro maturità, come Porro, Ragnoli, Longo, Ferraro tutti corridori che hanno dimostrato anche all'estero di avere una certa dimestichezza con la vittoria. Tutto ciò però va tradotto nelle gare, anzi "nella gara" che conta davvero, ossia il Mondiale, in attesa dell'edizione italiana del 2018 alle tre Cime di Lavaredo. Non sarebbe male fare le prove anche all'Europeo, come sempre affidato alla partecipazione dei club e non della nazionale e per questo snobbato dai nostri, un errore considerando invece l'attenzione che vi viene riservata all'estero. Se al maschile le speranze sono tante, anche fra le donne abbiamo ragazze che hanno dimostrato di poter onorare al meglio la maglia azzurra come Frasisti e Fumagalli, in attesa di vedere all'opera contro le campionesse straniere anche la primatista di vittorie italiane, quella Maria Cristina Nisi passata come un tornado nel mondo delle Granfondo di Mtb. Infine c'è da sciogliere il nodo della guida tecnica, che dopo molti anni di successi vedrà Hubert Pallhuber passare il testimone a Mirko Celestino, atleta di grande esperienza su strada come nella Mtb, una scelta voluta fortemente anche dal cittì azzurro su strada Davide Cassani che sta rimettendo mano a tutto l'assetto ciclistico nazionale e che vorremmo si basasse sulla duttilità fra le varie discipline che ha fatto la fortuna delle altre scuole continentali, Francia in primis. Un cambio che però tarda ad arrivare e questa latitanza non è un bene per il settore.