L'alchimia del ciclismo
di Stefano Conca

Quando c'è l'occasione di pedalare insieme a velocità moderata, i cicloamatori conversano e si raccontano. Allo stesso modo, al primo strappo, salita o cavalcavia, si sfidano freddamente come se non si fossero mai incontrati. Alcuni di loro sono più taciturni e predisposti all'ascolto, altri parlano e parlerebbero di continuo e di qualsiasi cosa; ma tutti inevitabilmente si aprono. Ci sono persone che "sgambano" insieme da anni, ma che giù dalla sella non si conoscono, non sanno neppure che faccia hanno, perché il casco, la mascherina e magari il passamontagna nella stagione fredda, ne celano l'identità. I tratti somatici si vedono appena e comunque non abbastanza da potersi "riconoscere" in abiti borghesi. Nel "lungo" della domenica mattina, come in una liturgia, nella fase iniziale del giro si perpetua il rito dello "scambio della pace". I cicloamatori ruotano rapidamente tra di loro per salutarsi tutti. Le effusioni scambiate sono autentiche, e il desiderio di ritrovarsi, sincero. Ma non appena parte il rettilineo, inizia la guerra - Ognuno per sé e Dio per tutti. Nessuno arriva a speronarsi, ma la natura profonda e primordiale della competizione, prevale. Eppure nelle lunghe e faticose pedalate, le persone finiscono per affiancarsi in modo non casuale e il compagno di viaggio diventa un confidente a cui si raccontano cose che non si direbbero nemmeno sul lettino dello psicanalista. In poche curve si stringono potenti ed effimeri legami, lunghi quanto una corsa in bici. Per quelle due ore si può arrivare ad ascoltare e a raccontarsi con una tale intensità che sembra inspiegabile come questa possa svanire non appena si posino gli scarpini a terra. E' un popolo strano quello dei cicloamatori, e lo abbiamo sempre detto, fatto di strane alchimie, di forti passioni, di sfide continue, e di vite segrete rivelate solo quando la catena inizia a girare in tensione.