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LE RAGIONI
di CicloZeman
Non nascondiamocelo: la stagione 2020 per il ciclismo italiano è stata quasi disastrosa, lenita solamente dal capolavoro della nazionale italiana agli Europei con lo sprint vincente di Nizzolo e addolcita dalle imprese di Filippo Ganna, per ora però identificato quasi esclusivamente come un sublime interprete delle cronometro, anche se con un potenziale enorme per alcune Classiche. Per il resto buio pesto, qualche piazzamento e nulla più. La brutta annata vissuta dalle nostre punte, Nibali (nella foto della homepage) e Viviani in primis, ha messo a nudo i problemi di un movimento che ormai da anni non sforna più quei talenti ai quali eravamo abituati, sia per le classiche di un giorno che per le corse a tappe.

Le cause sono molteplici e soprattutto la situazione attuale è il frutto di una sorta di ignavia vissuta, come spesso succede per lo sport italiano, nei momenti di vacche grasse: si pensa solo ai successi che si stanno gustando senza pensare a programmare. C’è più di un buco generazionale, dietro gli ultratrentenni che hanno tenuto alto il vessillo tricolore, abbiamo poco o nulla: Bettiol si è ben difeso sia alla Strade Bianche che al Giro delle Fiandre, ma non dà l’impressione di poter dare un seguito alla vittoria fiamminga dello scorso anno; Moscon continua a essere un oggetto misterioso, quasi abbandonato a se stesso anche nello stesso Team Ineos; Formolo ha tutte le possibilità per emergere nelle classiche, ma penalizza le sue possibilità continuando a investire su un nebuloso futuro nelle corse a tappe. Dai giovani qualche piccolo segnale arriva, in particolare piace molto Andrea Bagioli, ma siamo nel campo dei sogni.

Quel che manca soprattutto è una visione d’insieme, ha piena disamina del problema di un ciclismo italiano che attualmente riesce a proporre solo buoni gregari e verso tale ruolo vengono proiettati tutti i nostri dai team stranieri. Questo è l’altro grande problema: la mancanza di un team italiano nel World Tour. Affrontare il problema significa anche cercare di mettere insieme varie forze economiche per costruire una proposta tutta tricolore in grado di accedere al massimo livello dell’Uci: a quel punto andrebbe formata una squadra a trazione fortemente italiana, in grado di attirare tutte le forze migliori delle due ruote nazionali e di far crescere ai massimi livelli i nostri giovani, due nomi per fare un esempio: Alberto Dainese e Samuele Battistella, ovvero i titolati Under 23 dello scorso anno.

I risultati, va subito detto, non arriverebbero subito, ma avremmo comunque una struttura in grado di produrre a medio termine una serie di corridori all’altezza della nostra tradizione e interrompere una crisi che sta perdurando nel tempo. Poi bisogna decidersi a lavorare alla base, presso le più giovani generazioni, all’insegna di quel concetto tanto caro al CT Davide Cassani e che sta portando a emergere i campioni di oggi, da Van Der Poel a Van Aert, da Sagan a Pidcock fino allo stesso iridato Alaphilippe: la multidisciplinarietà, ossia far iniziare i bambini a pedalare sulle piccole Bmx per poi fargli fare qualsiasi esperienza, dalla strada alla pista, dalla stessa Bmx agonistica alla Mtb per farli maturare tecnicamente su ogni mezzo e poi indirizzarli in base alle loro emergenti caratteristiche. Solo così torneremo a produrre campioni. Ma è un processo che va iniziato appena possibile e che la disastrosa situazione sociale che stiamo vivendo, con lo sport giovanile così penalizzato, rende ancora più urgente.
Credito foto homepage: Cyclingnews.com
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