Email not displaying correctly? View it in your browser
RITORNA ALLA NEWSLETTER
RACHIK, DA LONDRA VERSO IL MONDO
di Gabriele Gentili
La più grande edizione di sempre della London Marathon ha avuto anche un italiano fra i suoi protagonisti. Con la sua prestazione Yassine Rachik (all'arrivo sotto nella foto), alla fine nono, ha riportato l’Italia della maratona indietro nel tempo, ai fasti regalatici da Stefano Baldini, tante volte in lotta per la vittoria sul traguardo della maratona britannica. Rachik non poteva lottare per il successo, ma è stato sempre poco lontano dal vertice e questo è già un risultato sensazionale se si pensa che davanti si è corso a ritmo di primato mondiale, come sempre succede quando in gara c’è Sua Maestà Eliud Kipchoge (in testa nella foto della homepage). Rachik è partito fortissimo, tanto da transitare alla mezza in 1h03’20” a 1’43” dalla vetta e da mantenere un ritmo costante fino al 35° km, quando era ampiamente nelle condizioni non solo di scendere sotto il primato di Baldini di 2h07’22”, ma di abbattere anche il muro delle 2h07’. Nel finale la fatica ha presentato il conto, ma il bronzo europeo 2018 non si è dato per vinto e ha chiuso in 2h08’05”, tempo che un italiano non otteneva da ben 13 anni, praticamente lo stesso intervallo nel quale un italiano non era più riuscito ad entrare nella Top 10 della maratona londinese, invero disertata negli ultimi anni dai migliori atleti nostrani che si vedevano battuti in partenza.
Rachik con la sua impresa ha sfatato molti tabù: innanzitutto ha riportato un italiano sotto le 2h10’, dimostrando che si può fare e che soprattutto si può lottare anche con i migliori atleti africani, senza paura, l’importante è avere coraggio e non risparmiarsi. Rachik sapeva che stava correndo fortissimo nella prima parte, sapeva anche che la sua preparazione non gli avrebbe consentito di reggere fino alla fine, ma ha rischiato e alla fine è stato premiato. Il portacolori dell’Atletica Casone Noceto ha fatto un deciso salto di qualità e con l’acquisire maggiore esperienza potrà andare sempre meglio, vale almeno due minuti meno del tempo londinese. Inoltre, cosa molto importante per chi come lui punta alle prove titolate, ha già una grande sagacia tattica, utile nelle gare senza lepri, dove bisogna saper leggere anche la condizione degli avversari, a Londra ad esempio ha vinto una lunga guerra di nervi con il britannico Callum Hawkins, grande protagonista dell’ultima maratona olimpica, superando nel finale anche l’ex primatista mondiale, il kenyano Wilson Kipsang.

Davanti c’è stata l’ennesima recita di Kipchoge, assoluto padrone della distanza. Se un difetto si può attribuire al campionissimo kenyano è quello di essere monocorde, nel senso di essere troppo legato alle stesse gare quando invece potrebbe puntare a traguardi mai raggiunti prima, ad esempio la collezione delle vittorie in tutte le tappe del World Marathon Majors, invece la sua carriera è ormai legata a doppio filo alle prove di Londra e Berlino. D’altronde, quando si vince sempre come fa lui (e nel suo modo) è difficile dargli torto. A Londra dove aveva già vinto tre volte tutti pronosticavano una sfida strenua con Sir Mo Farah, l’altro campionissimo britannico che puntava a vincere sulle strade di casa, ma il ritmo tenuto dal kenyano si è rivelato ben presto insostenibile per il pluricampione olimpico su pista. La selezione imposta dal kenyano lo ha visto progressivamente rimanere solo con tre etiopi: Mosinet Geremew, Shura Kitata e Mule Wasihun, capaci di resistere quasi fino alla fine ottenendo così tempi stratosferici. Kipchoge però nel finale volava e in 2h02’37” ha stabilito non solo il nuovo record della corsa britannica, ma anche la seconda prestazione mondiale di sempre, a meno di un minuto dal suo fantascientifico mondiale stabilito lo scorso anno a Berlino. Il kenyano ha così trascinato Geremew al secondo posto “all time” in 2h02’55” e Wasihun a 2h03’16”, ossia i migliori tempi di sempre per un secondo e un terzo classificato. Per Farah quinto posto in 2h05’39”, miglior tempo europeo dell’anno, ma ambiva a ben altro...

In campo femminile non è che si sia andati piano, anzi. A vincere è stata la kenyana Brigid Kosgei, che ricordiamo vittoriosa anni fa a Milano e che va considerata come una delle più forti maratonete contemporanee per continuità di risultati, nel senso di presenze sui podi delle classiche internazionali. Con 2h18’20” sale al settimo posto di sempre, continuando su quella strada vittoriosa intrapresa lo scorso anno a Chicago. La Kosgei si è presa la rivincita sulla connazionale Vivian Cheruiyot, che lo scorso anno l’aveva preceduta e che ha staccato di 1’54” con una seconda parte di gara fantasmagorica, percorsa in 1h06’42”. Se si pensa che in 5 sono scese sotto le 2h21’ e che in 15 hanno abbattuto il muro delle 2h30’ si ha ben chiaro il valore della prova, purtroppo priva di interpreti italiane.
Credito foto: facebook.com
Credito foto homepage: getty_images/Iaaf
Sport Service S.r.l. Milano, Via Smareglia Antonio, 7