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MILANO, LA CITTA' PIU' VELOCE D'ITALIA
di Gabriele Gentili
Una giornata come quella di domenica, l’organizzatore della Milano Marathon Andrea Trabuio la sognava da anni. Incurante dello scetticismo di tanti milanesi, prometteva ogni anno un percorso velocissimo e per disegnarlo aveva chiamato nientemeno che il “nume” Haile Gebrselassie, ma poi i risultati non erano premianti. Lo scorso anno era arrivata la prima avvisaglia che qualcosa stava cambiando quando il kenyano Edwin Koech aveva stabilito il nuovo primato maschile su suolo italiano, ma con un tempo superiore alle 2h07’ che in campo internazionale è ormai routine. Nuovo esame del tracciato, tolti alcuni tratti di pavé e snellite alcune porzioni ancora troppo ricche di salite, alla fine Milano ha partorito un tracciato ideale che gli interpreti kenyani invitati dagli organizzatori, tutti corridori con un pedigree di tutto rispetto, hanno premiato.
Milano è ora la città più veloce d’Italia e il nuovo primato maschile, stabilito dal kenyano Titus Ekiru (all'arrivo nella foto della homepage) in un roboante 2h04’46” proietta la città in una nuova dimensione. Un primato simile significa infatti che a Milano si può correre molto forte, il che comporta che molti appassionati, che disputano la maratona sempre con l’occhio al cronometro, saranno invogliati a sceglierla per tentare di abbassare il proprio personale. Per molti versi però assume ancor più rilievo la prestazione della kenyana Vivian Kiplagat, che con 2h22’25” ha regalato a Milano anche il primato femminile su suolo italiano: l’atleta africana, già prima lo scorso anno, è stata infatti capace di ottenere questo risultato senza alcuno stimolo agonistico, essendo la più vicina avversaria a 10 minuti di distanza. E’ vero che correndo insieme agli uomini tecnicamente il compito è più agevole, ma solo sulla carta se manca la vera competizione, per questo la sua prestazione ha un valore ancora maggiore rispetto a quello che dicono i freddi numeri.

Milano era chiamata a rilanciare le ambizioni di Stefano La Rosa in maratona, a portarlo più vicino alla fatidica soglia delle 2h10’, ma il grossetano è rimasto molto deluso dalla sua prestazione, il suo settimo posto in 2h14’17” non dà grandi prospettive per la rassegna mondiale e conferma semmai come quel muro, che a livello internazionale è ormai di scarso peso, per i nostri rimane un tabù. A restituire il sorriso ci hanno pensato i partecipanti alla staffetta, con la squadra Don Kenya composta da tutti azzurri della pista (Riccardo Mugnosso, Yohanes Chiappinelli, François Marzetta e Yemane Crippa) a battere anche esperti corridori africani con un tempo finale di 2h08’17”. Dietro, confusi fra le quasi 3.500 staffette partecipanti, anche quella chiamata “Michele per Tutti”, composta da Francesco Panetta, Denis Curzi, Maurizio Leone e Giovanni Ruggero, quattro pezzi di storia del fondo italiano che ancora rimpiangiamo.
Credito foto: la_Presse.it/organizzatori
Credito foto homepage: la_Presse.it/organizzatori
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