L’Amstel ha anche un’altra caratteristica, fa emergere quasi sempre gli stessi nomi: Valgren era stato secondo nel 2016, Kreuziger che gli è arrivato dietro aveva vinto nel 2013, ma lo specialista vero è Enrico Gasparotto, capace di conquistare il suo quarto podio e la sua settima Top 10 nella corsa che più ama. La Bahrain Merida ha corso per lui, Vincenzo Nibali, ancora “in costruzione” per la Liegi-Bastogne-Liegi di domenica prossima, ha puntato a correre per lui e accumulare km, e con un pizzico di energie in più avrebbe anche potuto seguire direttamente lo scatto di Valgren e Kreuziger a 2 km dalla conclusione invece di spendersi in un commovente quanto sfortunato inseguimento solitario. Ma ha dimostrato a tutti come si corrono corse del genere, gettando nella contesa ogni stilla di energia.
Quarto è giunto il campione del mondo Peter Sagan, al termine di una gara che può essere letta in due modi: negativa se si pensa che lo slovacco non è stato accorto nel seguire le azioni principali della gara, né l’azione di Kreuziger e Gasparotto a 10 km dalla conclusione, né lo scatto decisivo del ceko e di Valgren. Positiva considerando che è stato l’unico dei reduci della Roubaix a essere protagonista, in una corsa oltretutto apparentemente contraria alle sue caratteristiche (ma su questo abbiamo già espresso le nostre riserve, considerandolo l’unico capace di vincere ogni classica). Buona impressione ha destato anche Alejandro Valverde, lo spagnolo che pur venendo ancora una volta respinto dall’unica classica della Campagna del Nord che ancora gli manca, ha dimostrato di essere in condizione per imporre ancora la sua dittatura alla Freccia Vallone e alla Liegi. Degli altri italiani poco da dire: Colbrelli è stato stoppato dall’azione del compagno di colori Gasparotto ma non sembrava avere le gambe giuste per vincere, Ulissi è rimasto ancora ai margini, come ormai troppe volte gli accade.