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YATES, UN CAMPIONE TUTTO DA SCOPRIRE
di CicloZeman
Tre grandi Giri, tre nomi diversi, una sola nazione: il 2018 sancisce in maniera chiara e inequivocabile la superiorità del ciclismo britannico, ormai una vera e propria scuola che ha soppiantato tutte le altre. Se Chris Froome e Geraint Thomas hanno nella carta d’identità il loro principale nemico, Simon Philip Yates (sul podio sotto nella foto), ultimo vincitore della Vuelta di Spagna, è il futuro degli specialisti delle corse a tappe. La sua vittoria alla corsa spagnola è l’ideale continuazione dello spettacolo regalato agli appassionati nelle prime due settimane del Giro d’Italia, dove però all’atto conclusivo aveva pagato pesante dazio. Il portacolori della Mitchelton Scott ha fatto tesoro dell’esperienza e in Spagna ha trionfato controllando innanzitutto la gestione delle proprie energie e poi gli avversari, limitandosi soprattutto nella decisiva penultima tappa a mantenere un divario sufficiente per vincere, abbandonando i sogni di vincere una frazione indossando la maglia rossa. Al Giro d’Italia non aveva fatto lo stesso pagandone pesantemente le conseguenze.
Simon Yates è un vincitore più che degno e migliorando ulteriormente a cronometro potrà collezionare una lunga serie di successi nelle corse a tappe perché unisce alle sue capacità di scalatore anche una notevole dote di fantasia. La Vuelta però presenta ai palcoscenici internazionali anche un nome nuovo, Enric Mas Nicolau, autore di un crescendo rossiniano nel corso delle tre settimane che l’ha portato a conquistare una clamorosa seconda piazza, sorprendendo prima di tutti i propri tecnici della Quick Step Floors, la squadra più forte al mondo nelle classiche che ora si ritrova ad avere per le mani anche un talento nelle corse a tappe. L’ultimo gradino del podio è appannaggio del colombiano Miguel Angel Lopez, esattamente com’era avvenuto al Giro d’Italia e conquistare due podi nei grandi Giri nello stesso anno è roba per pochi. Il colombiano rappresenta la scommessa vinta dai dirigenti dell’Astana, che hanno creduto in lui lasciando andare Fabio Aru e per come sono andate le cose al sardo, è evidente che hanno avuto ragione loro.

Ancora una volta la Vuelta respinge le ambizioni della Movistar, squadra fortissima sulla carta ma che il più delle volte si scioglie come neve al sole. Alejandro Valverde ha lottato fino alla fine, ma la penultima tappa gli ha presentato il conto facendogli perdere il podio, mentre Nairo Quintana si è confermato uno scalatore sopravvalutato. Buona corsa per Thibaut Pinot, che con due vittorie di tappa potrebbe essere un fattore anche al Mondiale, dove sarà l’alternativa ad Alaphilippe, mentre Steven Kruijswijk porta a casa un quarto posto dopo il quinto al Tour che confermano la sua affidabilità ma anche la mancanza del “killer instinct”.

Per quanto riguarda gli italiani, Viviani a parte (nella foto della homepage), Aru non ha fatto progressi nella sua condizione, Nibali quasi commovente nella sua caccia a una tappa attaccando sempre nelle parti iniziali, soprattutto la conferma della mancanza di buone alternative ai suddetti nelle corse a tappe, con Formolo all’ennesima occasione mancata e Brambilla che con il suo 16° posto è stato il migliore senza però mai un acuto. La situazione italiana è quella che è e rispecchia il malessere che viviamo in altri sport, dove l’invasione di stranieri a livello giovanile ha inaridito i nostri serbatoi. Un problema sul quale sarebbe bene riflettere.
Credito foto: GomezSport_per_www.lavuelta.es
Credito foto homepage: www.cyclingnews.com
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