Il primo dato che emerge, analizzando la stagione delle Granfondo su strada appena conclusa, è la sua estrema effervescenza. Si ha un bel dire che il movimento soffre crisi di crescita, che gli appassionati sono in calo, che organizzare è sempre più difficile. Tutto plausibile, ma i dati numerici parlano di una realtà un po' diversa. Da febbraio a ottobre si sono disputate 169 gare, per una media superiore a 5 eventi ogni domenica e considerando che parliamo di una disciplina sportiva con un calendario contenuto nel tempo (ogni tentativo di allungarlo non ha trovato fra i partecipanti riscontri positivi) è un numero molto alto. Considerando il numero dei classificati per ogni percorso agonistico, lungo o medio, il totale è di 132.815 e anche qui si registra un aumento sensibile, a conferma che l'amore per le Granfondo non diminuisce.
Questi dati positivi riportano a un tema che Paolo Dossena ha sottolineato la scorsa settimana nel suo editoriale: le Granfondo avrebbero bisogno, vista la loro evoluzione, di una regolamentazione più chiara nella loro stessa filosofia. Molti organizzatori, ad esempio, hanno sposato la causa del ritorno al passato, a una forma più cicloturistica considerando agonistici solo alcuni tratti cronometrati. Una scelta legittima e apprezzabile per allargare gli orizzonti, ma sarebbe anche giusto evitare confusione e dare a queste prove una titolazione diversa da quella di Granfondo. Lo stesso dicasi per le distanze: troviamo Mediofondo che hanno lunghezze superiori a quelle di alcune Granfondo, canalizzare le gare attraverso limiti di lunghezza sarebbe sicuramente utile per fare chiarezza.
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