La Freccia Vallone è sempre stata una delle classiche più divertenti, ma negli ultimi anni si assisteva a un canovaccio troppo ripetitivo, con i big intesi a guardarsi fino all’ascesa finale del Muro di Huy (una rampa da garage più che una salita…) riducendo la corsa a uno sprint a eliminazione di 500 metri. L’edizione 2018 della gara ha però rinverdito gli antichi fasti grazie soprattutto ancora una volta a Vincenzo Nibali, figlio di un ciclismo d’altri tempi dove la fantasia era al potere. Poco importa che alla fine non abbia vinto, anche perché aveva corso la gara come propedeutica per la Liegi-Bastogne-Liegi, più nelle sue corde.
Nibali, pur essendo uno scalatore, è refrattario a salite come quella belga, troppo ripide per scatenare i suoi potenti cavalli, eppure quest’anno ha provato a dire la sua prendendo tutti in contropiede con un attacco da lontano che ha portato un gruppetto di 6 corridori ad avere un vantaggio di quasi un minuto. La sua presenza davanti ha smosso le acque e la Movistar, la squadra favorita dove Alejandro Valverde puntava al pokerissimo consecutivo, è andata sfaldandosi, fino a lasciare al capitano la presenza del solo Mikel Landa, fattosi letteralmente in quattro per favorire il ricongiungimento, avvenuto però solo per l’apporto di altre squadre come la Lotto Soudal.
I fuggitivi, tra cui un ammirevole Cesare Benedetti (Bora Hansgrohe) in fuga fin dalle prime battute, hanno lottato fino all’imbocco della salita finale, ma Nibali aveva già mollato qualche km prima, comprendendo che l’impresa era ormai fallita e salvaguardando le gambe in vista della classica successiva. Sull’ascesa decisiva tutti si attendevano lo sprint mortifero di Valverde, anticipato però dal francese Julian Alaphilippe (Quick Step Floors) (sul podio sotto nella foto), per la prima volta capace di concretizzare in una grande classica il suo indiscutibile talento. A Valverde un secondo posto molto amaro, figlio della solita tattica e di una squadra che non ha saputo supportarlo.
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