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LA VITTORIA DELLA PIÙ FORTE
di Gabriele Gentili
Il Mondiale femminile ha regalato emozioni forse inaspettate, ma ha dato anche molti spunti di riflessione. La vittoria solitaria dell’olandese Anna Van Der Breggen (all'arrivo nella foto della homepage e sotto sul podio) va innanzitutto a sottolineare la superiorità assoluta di tutto il ciclismo femminile arancione, che sta imponendo una supremazia schiacciante sul resto del panorama internazionale, quasi imbarazzante. La Van Der Breggen, olimpionica a Rio de Janeiro 2016, è insieme alla sua connazionale Annemiek Van Vleuten (la vera delusione della giornata austriaca) la miglior interprete delle classiche più dure e su un percorso ostico come quello austriaco si è esaltata fino a imporre alle avversarie distacchi da ciclismo epico. Appena la strada si rizzava sotto le ruote, si vedeva subito che la sua potenza era ineguagliabile. Tale da rendere inutile il lavoro di squadra dell’Olanda, che poteva essere la vera incognita della corsa essendo la squadra arancione composta da campionesse tutte con ambizioni personali, ma anche quello delle formazioni avversarie. Quella che ci ha maggiormente provato ad arginare lo strapotere delle olandesi è stata l’Australia, che faceva leva sulla grande forma di Amanda Spratt, unica capace di tenere il ritmo della Van Der Breggen sull’ascesa di Igls, a 40 km dall’arrivo.
La mossa dell’aussie si è rivelata giusta anche quando l’olandese con un ulteriore scatto l’ha staccata, perché dietro si era scavato un abisso e la Spratto doveva solamente tenere pensando all’argento. Alle sue spalle si è sviluppata una grande corsa a eliminazione per puntare al bronzo, unica medaglia ancora in palio a un giro dalla conclusione e il fatto che questa sia finita al collo di Tatiana Guderzo (dx sopra nella foto) è il più bel premio che l’abnegazione della 34enne azzurra, già iridata nel 2009, poteva avere. Attaccante della prima ora, poteva tirare i remi in barca nel finale invece non si è scoraggiata anche dovendo rincorrere atlete di fama come l’americana Rivera (spentasi nell’ultima tornata), la svedese Fahlin rivelazione della giornata e la stagionata polacca Jasinska, si è messa all’inseguimento da sola fino a raggiungerle e sorpassarle per andare a conquistare la medaglia in solitudine.

Il Mondiale di Innsbruck ha visto fra le prime 7 tutte atlete ultratrentenni, un dato che deve far riflettere su quanto l’esperienza abbia avuto un peso nella giornata austriaca. Se nel caso delle prime due classificate si può parlare di scalatrici acclamate, per la Guderzo il discorso è diverso, ha potuto giovarsi di una condizione invidiabile forse mai raggiunta almeno negli ultimi anni e di una grande conoscenza delle tattiche di corsa. Saranno queste stesse atlete a giocarsi l’oro olimpico fra due anni, su un tracciato aspro quanto se non più di quello di Innsbruck? Probabile, ma quel che conta è prendere tutte le indicazioni che la corsa ha dato e metterle da parte per lavorare in funzione di Tokyo 2020, considerando che l’Italia, che ha pizzato Elisa Longo Borghini ed Erica Magnaldi nell’immediato gruppo delle inseguitrici, ha confermato che su percorsi simili può recitare un ruolo di primo piano.
Credito foto: getty_images_per_cyclingnews
Credito foto homepage: getty_images_per_cyclingnews
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