Email not displaying correctly? View it in your browser
RITORNA ALLA NEWSLETTER
EDITORIALE
di Gabriele Gentili
Facciamo un pò di chiarezza sulla Bike Card, la tanto discussa novità introdotta dalla Federazione Ciclistica e adottata a partire da febbraio che per certi versi va a riscrivere gli accordi con alcuni enti di promozione sportiva. Una vicenda che si evolve pian piano, ma che ha destato moltissime discussioni nell’ambiente andando a interessare della questione anche strutture, leggasi media, che altrimenti non si sono mai interessati di ciclismo.
 
Spieghiamo subito di che si tratta: tutti i ciclisti tesserati con enti diversi da FCI, Acsi, Uisp, Csain e Csi (questi ultimi due aggregatisi solo in seguito alla prima ora) per gareggiare in una prova iscritta nel calendario federale dovranno pagare, oltre alla quota d’iscrizione, il costo di un’ulteriore tessera, chiamata Bike Card e al prezzo di 25 euro. Il perché di questa scelta si deve alla ricerca di uniformare i regolamenti, che con alcuni enti sono profondamente diversi su temi molto delicati come la sicurezza innanzitutto e anche la partecipazione di corridori sanzionati per doping per un ente ma liberi di gareggiare per un altro. La Fci ha tenuto a precisare che gli incassi della Bike Card non serviranno a sanare situazioni di deficit, ma verranno utilizzati per progetti specifici.
 
Fin qui la notizia, ma qualche considerazione è doverosa. La finalità della Bike Card così intesa è legittima perché chi frequenta il variegato mondo delle Gran fondo, dove molti enti allestiscono prove agonistiche. A fronte di molti organizzatori che fanno tutto a puntino rimettendoci spesso anche di tasca propria, ce ne sono altri che guardano solo agli incassi e non curano minimamente la sicurezza dei ciclisti, lasciandoli pedalare in mezzo al traffico dimenticandosi anche di coprire gli incroci… Il problema è che problemi simili sono stati spesso oggetto di discussioni quando si trattava di stringere gli accordi con gli Enti, ma trovare una soluzione valida per tutti sembra essere impossibile. La Fci così si tutela, quasi dicendo “le nostre sono le regole base e a queste bisogna uniformarsi, chi lo ha fatto (tesserandosi per la Fci o per gli enti sopracitati) non ha nulla da dovere, gli altri sì”.
 
Ancora più evidente la gravità della situazione a proposito degli squalificati: per una ragione o per l’altra, non si è mai riusciti a realizzare un database di tutti i sanzionati, a prescindere dall’ente di affiliazione, e sì che con le strutture informatiche attuali sarebbe semplicissimo e di immediata consultazione. Anche qui però il problema è figlio dell’incapacità di trovare regole certe valide per tutti, perché ognuno tiene al proprio orticello e vuol far vedere che in casa comanda lui. A dispetto del buon senso.
 
Molti hanno affiancato la Bike Card alla Runcard voluta da un paio di stagioni dalla Federazione Atletica, ma la situazione è ben diversa: in quel caso infatti la tessera è obbligatoria per tutti coloro che non sono tesserati Fidal, chi vuole gareggiare anche alle stracittadine iscritte in calendario deve pagare, è una scelta molto più autoritaria anche perché dietro non ci sono progetti se non quello di accrescere le asfittiche casse federali. Nel caso della Bike Card è una norma sicuramente discutibile e migliorabile, ma che ha un suo fondamento.
Credito foto homepage: Archivio Sport Service
Sport Service S.r.l. Milano, Via Smareglia Antonio, 7