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GIRO ROSA, IL TRIONFO DELLA REGINA
di CicloZeman
Il Giro d’Italia femminile ha confermato una volta di più di essere, in assenza di una reale proposta francese, la gara faro dell’attività nelle corse a tappe, ma certamente qualcosa va rivisto nella gestione della corsa. Le vicende della terza tappa, con atlete “costrette” a sbagliare percorso da errori di chi era alla guida dei mezzi al seguito e una classifica finale che alla fine ha rimesso insieme pezzi sparsi penalizzando molte cicliste addirittura escluse dalla corsa, è un indice di pressapochismo che penalizza tutto il movimento del ciclismo femminile e non dà una buona immagine del ciclismo italiano, meritevole di ben altri discorsi.

Peccato, perché la qualità messa in mostra dalla lunga settimana della corsa rosa, con ben 8 tappe di seguito, è stata altissima e ha confermato come le gerarchie femminili siano difficili da intaccare. Le campionesse olandesi avevano preparato a puntino l’appuntamento e l’evoluzione della corsa non ha fatto altro che confermare lo strapotere delle tulipane, soprattutto di Annemiek Van Vleuten (sul podio nella foto della homepage), che a 37 anni non ha la minima intenzione di cedere lo scettro e che, quando, la strada si rizza sotto le ruote, non ha rivali. La portacolori della Mitchelton Scott ha dominato il tappone di alta montagna e nella successiva cronometro ha messo il sigillo alla sua riconferma. Il vantaggio in classifica era enorme, nell’ordine dei 4 minuti, ma nella frazione conclusiva la sua connazionale e acerrima rivale Anna Van Der Breggen ha comunque portato il suo attacco: la sfida fra le due è stata una poesia del ciclismo femminile, un momento di altissimo spessore, alla fine tappa alla campionessa mondiale e titolo alla Van Vleuten, prima con 3’50” sulla rivale e ben 7 minuti netti sulla compagna di colori australiana Amanda Spratt. Il fatto che le prime 5 siano quasi tutte oltre i 32 anni (con la sola eccezione della Van Der Breggen a 29 anni) deve far pensare, nel ciclismo femminile la maturazione arriva tardi.

Questo ragionamento giunge anche a parziale attenuante della prova complessiva delle italiane, che chiudono con una vittoria di tappa della giovanissima Letizia Borghesi (Aromitalia Basso Bikes) e tre presenze nella Top 10 con Elisa Longo Borghini (Trek Segafredo) ottava a 8’30” davanti a Soraya Paladin (Alé Cipollini) e Erica Magnaldi (WNT Rotor). La nostra azzurra di punta ha provato a inserirsi nella lotta per le prime posizioni, ma a dire il vero le è mancata un po’ di fortuna, non trovando le azioni giuste per fare la differenza. Sicuramente a livello generale ci si poteva aspettare di più, la sensazione è che ci sia un forte divario tra l’Olanda e il resto del mondo, proprio nella qualità media prima ancora che nelle punte.

Un cenno particolare lo merita la polacca della Canyon Sram Katarzyna Niewiadoma (sotto nella foto), prima maglia rosa del Giro e rimasta sempre in lotta per le prime posizioni finendo sesta. Ha 25 anni e con una gestione più oculata della sua attività (è sempre in gara, puntando anche a traguardi che per caratteristiche tecniche non le si confanno) può davvero raccogliere l’eredità delle leader attuali, più anziane e smaliziate.
Credito foto: getty_images_per_cyclingnews.com
Credito foto homepage: Flaviano Ossola/organizzatori
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