Email not displaying correctly? View it in your browser
RITORNA ALLA NEWSLETTER
LA STRANA STORIA
DELLE ULTIME CAMPIONESSE OLIMPICHE
di Gabriele Gentili
Nelle posizioni di retroguardia dell’ultima prova femminile di Coppa del Mondo cross country, a Nove Mesto (CZE), si sono ritrovati due giovani talenti accomunati da un destino tanto strano quanto beffardo: la francese Julie Bresset e la svedese Jenny Rissveds. Parliamo delle due ultime vincitrici dell’oro olimpico, non di biker qualunque. Un oro forse arrivato troppo presto e talmente pesante da sconvolgere la loro vita, al punto da allontanarle dal mondo che tanto amavano.

Le due atlete erano arrivate alla conquista del titolo più ambito in ogni sport in maniera leggermente differente: la Bresset (nella foto della homepage), prima a Londra 2012, era partita da grande favorita dopo aver vinto la Coppa del Mondo dell’anno prima e quella conquista sembrò una semplice conferma del pronostico, quasi una tappa in una carriera lunga e ricca di successi. Subito dopo Londra vinse il titolo mondiale a Leogang (AUT), confermandosi l’anno successivo a Pietermaritzburg (RSA), poi più nulla. A inizio 2014 la mononucleosi la tenne lontano dai campi mettendola di fronte a se stessa e a un amore verso le gare che era improvvisamente venuto meno, le competizioni, il girare il mondo erano sempre più un peso anche perché sentiva quel mondo che tanto l’aveva acclamata essere divenuto ostile, pronto a criticarla e irriderla per i suoi scarsi risultati. Il ritiro era l’unica strada e la francese prese la sua decisione nel 2016, alla fine dell’anno olimpico dove non era stata neanche in grado di partecipare. La Bresset è tornata alla sua vita normale, ha preso il diploma statale che aveva trascurato e ha lavorato come ambasciatrice della Scott, la sua storica squadra. La nuova dimensione l’ha riconciliata con la Mtb, ha riassaporato il piacere di pedalare, fino a prendere la decisione di tornare a gareggiare, in un suo team, ponendosi traguardi ambiziosi, ma lontani dalla pressione alla quale era abituata.

La storia di Jenny Rissveds (in azione sotto nella foto), la sua erede, è parallela: emersa come un talento cristallino nell’anno preolimpico, non era arrivata a Rio 2016 tra le favorite benché in possesso del titolo mondiale Under 23, perché considerata ancora troppo giovane, invece la gara brasiliana la vide dominare la scena, confermandosi poi (proprio come la Bresset) ai successivi Mondiali. Nel 2017, dopo aver vinto la Cape Epic insieme ad Andri Frischknecht, l’elvetico compagno di squadra alla Scott (altra curiosa coincidenza) sparì letteralmente di scena: le notizie sul suo conto filtravano con molta fatica, si parlò di una depressione nata dalla morte di entrambi i nonni, dalla quale sembrava non riuscire più a riemergere. Anche nel suo caso il ritiro è stato il passo necessario e paradossalmente fondamentale per ripartire, anche lei piano piano, senza troppe aspettative e attraverso un proprio team. All’attività sportiva la Rissveds affianca un sincero impegno come testimonial verso coloro che vivono il suo stesso problema.
A Nove Mesto la Rissveds ha chiuso 33esima, la Bresset 46esima, lontane dalle prime piazze e dai fari dell’attenzione, ma si può ben dire che nel loro caso il traguardo raggiunto le pone di diritto fra le vincitrici, perché è un altro passo verso la completa rinascita.
Credito foto: cyclingnews.com
Credito foto homepage: cyclingnews.com
Sport Service S.r.l. Milano, Via Smareglia Antonio, 7