Cipollini ha evocato l’idea di Azzurra (sopra nella foto), la barca a vela che negli anni Ottanta fece innamorare gli italiani della Coppa America e della vela nel suo insieme, portando a interessarsene anche persone che delle regate non avevano neanche sentito mai parlare… Un’”Azzurra” del ciclismo sarebbe un traino eccezionale, porterebbe tanti a riavvicinarsi al ciclismo mettendo probabilmente fine a quel disamoramento che, almeno in parte, ha portato molti ad allontanarsi dal mondo delle due ruote, disillusi dai troppi casi di doping e da una conseguente campagna mediatica fortemente negativa.
Le incognite di un simile progetto sono molte: sicuramente il momento economico italiano non è molto propizio per un investimento simile. Bisogna innanzitutto che un gruppo fortemente radicato nel ciclismo faccia sua l’idea e che poi vada a trovare imprenditori fortemente motivati a investire, come avveniva sul finire del secolo scorso quando esperienze come Carrera, Mercatone Uno o più recentemente Lampre, tanto per fare qualche nome, nascevano da una straordinaria passione per il ciclismo che coinvolgeva industriali dediti ad altri settori.
L’idea di Cipollini di costituire una sorta di nazionale permanente cozza poi contro un sistema globalizzato. Certo, ci sono esperienze come quella del Team Sky che ha una connotazione britannica nella proprietà, nel gruppo dirigenziale, in alcuni dei suoi migliori esponenti, ma a ben guardare gli stranieri che ne fanno parte sono tanti, da Egan Bernal a Gianni Moscon, corridori non assunti per fare da portaborracce ma sui quali è stato fatto un grande investimento innanzitutto sul piano delle aspettative di vittoria.
Passando comunque l’idea del Re Leone, bisogna anche tenere presente che il tempo a disposizione non è tantissimo: i nomi italiani di richiamo attualmente non sono molti. Nibali riassume in sé gran parte del ciclismo italiano, probabilmente è l’unico ciclista ad avere una popolarità tale che travalica i confini ciclistici facendone uno degli sportivi più popolari del nostro Paese, ma la carta d’identità dello Squalo è avanzata anche se qualche stagione ad alto livello è ancora auspicabile. Aru deve ritrovare quello smalto perduto ormai da un paio d’anni, Viviani pur avendo dalla sua un oro olimpico non è ancora diventato un personaggio, lo stesso dicasi di Trentin, mentre altri come Moscon hanno ancora tanto da dimostrare. Certamente però, guardando sull’altro piatto della bilancia, avere una squadra a forte connotazione nazionale spingerebbe molti giovanissimi ad approcciarsi al ciclismo con maggiori speranze, con quei sogni che sono il primo motore per sacrificarsi. Gli spazi nel World Tour attuale ci sono, come la vicenda del passaggio di consegne tra BMC e CCC ha dimostrato, l’importante è farlo per gradi, investendo sugli uomini ma soprattutto sulle idee.