In queste ultime settimane, dopo un meteo assolutamente ideale alla bici e ai suoi cavalieri, abbiamo assistito a un ritorno in grande stile di condizioni quasi proibitive per il nostro sport. Siccome siamo tutti diversi e abbiamo tutti differenti storie e sensibilità, non è raro ascoltare tutto e il contrario di tutto su organizzatori, strade e cosa si deve o doveva fare o è stato fatto. Alla base di tutto, se permettete, c'è un fatto incontrovertibile: siccome ancora non siamo in guerra contro nessuno e i tedeschi al massimo ora vengono con noi in bicicletta, se le condizioni esterne sono pericolose per le persone e per gli altri utenti della strada (perché non ci siamo solo noi…), il buon senso e l'istinto di conservazione dovrebbero portare un po' tutti a fermarsi o a fare altro. Perché, mettiamoci nei panni degli automobilisti, non è divertente vedersi piombare sul cofano un ciclista semi congelato o al limite della lucidità. Ora, siccome le ricette generiche sono solo dei “tuttologhi", bisognerà comunque avere dei paletti fissi, sia per chi organizza che per chi corre. E qui, ahinoi, casca l'asino. Infatti chi corre pensa sempre che troverà a sua disposizione una ambulanza, un carro scopa con sauna e idromassaggio, thè, caffè e grappe, strade chiuse da centinaia di sfigati che per ora staranno sotto l'acqua e il freddo aspettandoci. Il primo passo tocca a noi: fino a che grado di difficoltà possiamo correre senza rischiare e/o essere un rischio per gli altri? Se abbiamo paura delle strade bagnate che senso ha partire o continuare? Siamo consapevoli dei nostri limiti? E non c'è da vergognarsi, anche atleti di primo livello sono campioni a 40°i e paracarri a 5°.
Poi c'è chi organizza. Non si può organizzare e sperare… se piove occorre avere pronto un Piano B, in base alle strade, alle altitudini, al personale a disposizione ecc. ecc. ecc. Purtroppo si assiste anche a veri dilettanti che non si spostano di un filo dal piano iniziale, come se ci fosse asciutto e 30 gradi. Dove sarà la giusta via? Ricordiamoci sempre che non si può correre e organizzare solo per una fascia ultra preparata e competitiva, ci sono per fortuna anche gli altri (al contrario chi organizza morirebbe di debiti), che sono da salvaguardare maggiormente per i loro limiti tecnici. Il movimento dei cicloamatori è composto da un intero popolo che, è vero, è sempre più competente e competitivo, ma che il lunedì lavora. Non ci si deve vergognare, di fronte a pericoli potenziali, nel modificare o ridurre un percorso. Certamente ci si deve attrezzare e preparare. Ultimamente questo non sempre è stato fatto e vedere ciclisti abbandonati nelle braccia della Protezione Civile non va bene.
|