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CHI NON CI E' PIACIUTO...
di CicloZeman
Il capitolo “bocciati del Tour” è piuttosto ricco di nomi, il primo dei quali è Steven Kruijswijk (sotto nella foto con Thomas). Come, il terzo della classifica finale, al suo primo podio in un grande giro? Sì, perché l’olandese ha peccato di coraggio, avendo a disposizione una signora squadra, capace di tenere testa al Team Ineos e di imporre il ritmo. Per parlarci chiaro, se Roglic avesse avuto al Giro un team così forte, la maglia rosa non gli sarebbe sfuggita... Kruijswijk li ha fatti spesso lavorare a fondo, soprattutto nella tappa alpina finale, ma poi non ha tirato la stoccata. Mancanza di energie? Forse, ma la gestione tattica poteva allora essere diversa. Kruijswijk ha dato l’impressione più di guardarsi le spalle che davanti, accontentandosi e questo non porta mai alla vittoria.
Lo stesso dicasi per i Movistar nel complesso, spesso a fare la corsa a scapito dei propri capitani. Se al Giro l’evoluzione della gara ha chiarito presto che tutti dovevano lavorare per Carapaz, al Tour si è tornati a sfogliare la margherita su chi dovesse fare cosa. Alla fine Quintana una volta di più ha dimostrato di non poter più ambire a una classifica finale, Landa (nella foto della homepage) ha presto risentito delle fatiche del Giro, Valverde è stato già bravissimo a 39 anni ad agguantare la Top 10 sacrificandosi spesso a fare il gregario.

E Thomas? Difficile dare un giudizio netto sul gallese, alla fine secondo. E’ certo che quello visto al Tour non era il Thomas dello scorso anno, l’unica azione degna di nota è stata lo scatto a La Planche des Belles Filles, sembrava che il suo Tour iniziasse lì invece è praticamente finito, poi ha corso di rimessa. Molti hanno parlato di rivalità interna con Bernal, invece la sensazione è che il colombiano, che sui Pirenei non aveva ancora una condizione esplosiva, abbia avuto presto mano libera, un po’ obtorto collo per il gallese.

Bocciato su tutti i fronti Fuglsang, il danese che molti davano per favorito alla vigilia pur non avendo un pedigree nei grandi Giri pari a quello delle classiche. Fuglsang era la bruttissima copia di quello uscito trionfatore dalla Liegi-Bastogne-Liegi e dietro di lui tutta l’Astana si è sciolta come neve al sole, anche con corridori come Lutsenko che potevano avere un ruolo di primo piano.
 
Lo stesso dicasi per Romain Bardet, la cui conquista della maglia a pois è arrivata quasi per caso, senza essere nel mirino del francese che puntava a ben altro simbolo, ma la cui condizione di forma non era assolutamente consona alle sue ambizioni.

Capitolo Yates: da una parte c’è Simon, reduce da un Giro d’Italia disastroso ma che gli è servito per “Fare la gamba” tanto da conquistare due tappe al Tour, dall’altra c’è Adam, lontano anni luce dalla possibilità di competere per le prime piazze. Un anno fa eravamo qui a cantare le lodi dei due fratelli britannici, ora ci si chiede quale sia il loro reale valore.
 
Infine di Porte, altro grande pronosticato, poco da dire: non è mai stato né mai sarà corridore da grande Giro, a 34 anni può ancora essere un valido aiuto per Nibali se resterà alla Trek Segafredo, ma soprattutto se avrà voglia, altrimenti meglio cercare altre destinazioni.
Credito foto: bettini_photo_per_bianchi
Credito foto homepage: gettty_images_cyclingnews.com
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