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BERNAL, IL BELLO E' SOLO COMINCIATO
di CicloZeman
Alla vigilia del Tour, molti parlavano della grande occasione, la prima, per Egan Bernal (sul podio sotto nella foto), il colombiano che dall’inizio sembrava predestinato per la conquista di una grande corsa a tappe. Poi, durante lo svolgimento della Grande Boucle, le critiche sul suo conto sono fioccate, si diceva che non fosse arrivato nella migliore condizione. Alla fine ha vinto lui, la maglia gialla se l’è andata a prendere nelle prime due delle tappe alpine e molto si potrà anche congetturare su quel che sarebbe successo senza la neutralizzazione della frazione dopo l’Iseran per la grandinata, ma siamo convinti che alla fine avrebbe comunque vinto lui. Perché il Tour di Bernal è stato il Tour della concretezza, di un corridore che ha sempre misurato al millimetro le sue capacità per giocare gli assi al momento giusto e, parlando di un corridore così giovane, è questo che rende la sua vittoria speciale. La prima, non l’unica, Bernal è forse il miglior candidato a tentare la doppietta Giro-Tour, anche perché a cronometro non è che sia fermo.
Bernal sicuramente promosso, con lui non è che poi siano in tanti a poter salire sul carrozzone. Il primo è Alaphilippe, comunque si sia concluso il suo Tour, dove fino a 48 ore prima dell’arrivo a Parigi aveva fatto sognare i francesi di poter tornare su quel gradino più alto del podio 34 anni dopo Bernard Hinault. Per farlo però Alaphilippe ha dovuto snaturare il suo modo di correre, ha dovuto cercare di tenere anche su salite non a lui adatte, soprattutto ha sentito le energie mancare col passare delle tappe, sapendo che per un corridore come lui la terza settimana è terribile. Alla fine ha portato a casa un piazzamento comunque prestigioso, che unito a quel che ha fatto in primavera lo conferma come il numero 1 del ciclismo attuale.

E’ piaciuto molto Emanuel Buchmann, lo scalatore tedesco che zitto zitto porta a casa un quarto posto di tutto rispetto. Lo diciamo da tempo che la Bora Hangrohe non è incentrata su Peter Sagan (che comunque una vittoria di tappa e la classifica a punti le ha portate a casa...) e il piazzamento di Buchmann lo dimostra. Promosso lo sarebbe stato anche Thibaut Pinot (nella foto della homepage), che sui Pirenei sembrava anzi pronto a raccogliere il testimone da Alaphilippe per portare avanti il sogno francese, poi però qualcosa si è inceppato nel suo fisico e sulle Alpi non ha praticamente potuto giocare le sue carte, ritirandosi in maniera repentina per problemi muscolari (lesione vasto mediale).

In casa italiana promosso in extremis è Vincenzo Nibali: partito per il Tour di malavoglia, presto fuori dai giochi più per sua scelta e per far capire alla squadra di non accettare imposizioni, pian piano ha sentito la condizione crescere sino al capolavoro di Val Thorens. Un sigillo a una stagione buona ma che poteva sicuramente dargli di più, il rimpianto per un Giro sfuggito di mano è ancora forte. Ora però Nibali deve proiettarsi subito verso il 2020, dove cambierà squadra e avrà un obiettivo superiore a qualsiasi altra cosa: lanciare la sfida ad Alaphilippe per l’oro olimpico, per riprendersi quello che gli è sfuggito in quella maledetta caduta di Rio. Può farlo, a condizione di impostare sin da ora il lavoro, pensando a come costruire la squadra tra acquisti e cessioni (la Trek Segafredo), preparando il calendario, guardando con cura i percorsi di Giro e Tour che verranno perché davanti a sé ha la porta della gloria imperitura.

Resta da dire dei velocisti: il Tour è stato davvero un “campionato mondiale a tappe” per gli sprinter, tutti hanno avuto la loro occasione, ma chi è sembrato un pizzico sopra gli altri è stato Caleb Ewan (Lotto Soudal) per la sua capacità di salire sui treni altrui e sfruttare il lavoro delle altre squadre. Un corridore così lo vorrebbero tutti…
Credito foto: bettini_photo_per_sidi
Credito foto homepage: AFP
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