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IL PERCHE' DELLA SUA TESTIMONIANZA
di CicloZeman
Dicono che la notizia era nell’aria, che l’addio di Tom Dumoulin a soli 30 anni, nel pieno della sua maturità agonistica fosse un pensiero che gli agitava nella testa da tempo. Forse da quel giorno al Tour de France 2020, la cronometro finale che aveva sancito il trionfo di Tadej Pogacar: “Ma come, sono andato più forte che mai e mi ha dato un minuto e mezzo…”. In quell’affermazione c’è un senso d’impotenza, il timore di affrontare gente che va troppo più forte e neanche c’è da chiedersi perché, o meglio se tutto è lecito perché spesso questo è un alibi, fino a prova contraria si parte tutti alla pari.
“Sento come se mi fossi liberato di una zavorra di cento chili dalle spalle – ha affermato il ciclista olandese nel suo comunicato di “addio temporaneo” – Fa così bene aver finalmente preso la decisione di prendermi del tempo per me stesso e questo penso dica tutto. Era da qualche tempo che sentivo quanto sia difficile per me ritrovarmi in quanto Tom Dumoulin il ciclista, con la pressione che ne consegue e le aspettative che arrivano da più parti. Voglio fare bene per molte persone, voglio che la squadra sia felice di me, voglio gli sponsor siano soddisfatti, voglio che mia moglie e la mia famiglia siano felici. Quindi voglio fare bene per tutti, ma a causa di questo mi sono un po’ messo da parte nell’ultimo anno”. Curioso il fatto che citi squadra e sponsor che da relativamente poco lo avevano accolto: reduce dalla vittoria nel Giro d’Italia 2017 seguita dal titolo mondiale a cronometro, ma soprattutto dal doppio secondo posto Giro-Tour 2018 che aveva fatto capire come nelle sue vene scorresse il sangue dei grandi specialisti delle prove a tappe, Dumoulin era approdato nel 2020 al Team Jumbo-Visma che gli aveva dato tempo per riprendersi dall’operazione al ginocchio dopo la caduta al Giro. Una sola stagione, con un settimo posto al Tour che assume maggior valore per il fatto che l’olandese si era messo a piena disposizione di Primoz Roglic, facendo capire però che in piena condizione poteva essere una sua alternativa, anche come programmi. Poi invece a inizio anno l’annuncio dell’addio, che ha spiazzato tutti.Dietro la sua non facile decisione (basti pensare che il suo contratto gli garantiva 4 milioni per due anni) ci sono tutti i prodromi della depressione, forse causata proprio dagli infortuni e dalle difficoltà a tornare ai suoi livelli, depressione che nel ciclismo fa spesso apparizione con conseguenze devastanti, basti ricordare il suicidio di Juan José Jimenez, la grande alternativa spagnola di Marco Pantani (e sappiamo bene come anche per il romagnolo la depressione abbia avuto grande peso nella sua triste fine), scomparso nel 2003. O forse proprio dalla constatazione che in un ciclismo quasi robotizzato come quello attuale, o come almeno lo vede lui, il suo posto non c’è più. Dumoulin dice che il suo è un addio temporaneo: solo il tempo dirà se sarà realmente così, ma quel che è certo è che un’eventuale ripresa sarà un cammino lungo e duro, perché proprio quel ciclismo d’elite non lascia spazi, chi si ferma è perduto…
Credito foto homepage: team_jumbo_visma
Sport Service S.r.l. Milano, Via Smareglia Antonio, 7