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LETTERA "C"
di Enrico Monti
Canotto: affare che se si rompe la sella si pianta in quel posto più o meno con gusto. Per i sorcini e gli zerofolli ha doppia valenza.
 
Carbon: in principio era l’acciaio; l’acciaio ricopriva tutta la terra e il ciclista pedalava con fatica ma contento, senza discopatie e contratture dovute a traumi e vibrazioni. E fu sera e fu mattino. Poi venne l’alluminio; chi aveva l’acciaio si scoprì inadatto alle salite e agli scatti brucianti; l’alluminio passò come un angelo vendicatore sopra tutti i telai di acciaio e tutti i ciclisti entrarono in possesso di una bicicletta che dopo due anni era snervata come la loro schiena. E fu sera e fu mattino. Poi infine l’ultimo flagello, direttamente dall’estremo oriente su specifiche occidentali. Ma in realtà tutti sono convinti che fu l’inferno a creare la fibra, in tutte le sue salse e moduli. Specialmente mogli, compagne e 
fidanzate ne sono convinte (gli equivalenti maschili sono fortunati perché le donne pensano più alla preparazione atletica…). Carbon è un vocabolo tri$te, molto tri$te…
 
Cardio: i nostri nonni pedalavano contando mentalmente le pedalate e ascoltando il cuore con un dito piantato nell’orecchio; poi per le velocità e le medie arrivarono i primi ciclo computer stile Playstil con i fili arrotolati come serpenti nella guaina freno. La logica evoluzione portò via i fili e mise in atto la misura dei battiti cardiaci, vero salto di qualità per l’allenamento (in gara l’unica misura che conta è quanto rimane prima della “botta”). Ma per misurare i battiti occorre la fascia, accessorio che diventa un tutt'uno con la pelle dell’atleta tanto è tirata come la corda di un arco. Ovviamente poco importa se i più sprovveduti non capiscono che occorre anche respirare, si pongono davanti allo specchio e ammirano il citterino con chip. L’ultimo scalino sono i ciclo smart ant+ neuro- retro illuminati a schermo LCD da 36” gonfiabili predisposti per DVD e Sky per dirette su Strava e diavolerie varie che poi vedremo...unico neo: serve una staffa in titanio per tener su tutta ‘sta roba, peso bici 6,5 kg, peso Computer n.d.
 
Casco: accessorio infortunistico in teoria obbligatorio ma che per alcuni è solo un fastidio. Anche noi siamo d’accordo che sia superfluo per alcune cervici dopo aver conosciuto meglio chi non lo usa.
 
Cassette: per i neofiti e gli ignoranti (sali e pedala) non significa nulla. Per i virtuosi del rapporto ogni cassetta, ogni pacco pignoni è un universo da esplorare e possedere in almeno 3 leghe per rapporto.
 
 
Catena: oggetto che ogni tanto andrebbe sostituito, magari prima di restare a piedi sulla prima salita della Nove Colli. Per diversi atleti sarebbe più funzionale un cardano onde evitare dimenticanze.
 
 
Cavi: a volte ha più sensi compiuti in dialetto italianizzato, tipo : “oè…che fai? Me lo cavi?....”
 
 
Cerchio: nasce in forma geometrica sferica, vive tra balzi, sobbalzi, buche varie e muore bitorzoluto e scentrato (continua).
 
Centratura: se nel tuo incedere leggiadro su una superfice levigata e piana come di solito succede nelle strade italiane senti una vibrazione anomala, un tremorìo sospetto, un “tic tic” ritmico, sarà mica il caso di dare un occhio alla centratura della ruota posteriore? Nella bici ci sono anche le ruote!
 
Chainstay: per spiegare questa parola ci riserviamo un paio di approfondimenti sulla rubrica tecnica del caso. Perché non parliamo in italiano? Le biciclette le abbiamo sempre fatte noi per primi!
 
Chip: arnese elettronico che come tutti gli affari tecnologici applicati ai pedali fa diventare matti e non funziona 9 volte su 10. Veramente funzionerebbe sempre a patto di installarlo secondo istruzioni, ma l’Italia è il paese dei creativi e potete giurarci che ogni ciclista ha la sua filosofia su come e dove installare il chip. Il risultato è che stranamente il 5% dei chip viene rilevato solo 30 km dopo il via, il 5% ha lunghi tratti in cui perde il segnale e non trasmette (e si potrebbe tirare una linea retta bypassando una salita), il 5% è preciso al centesimo di secondo con altri 35 chip della stessa squadra, il 5% viaggia nell’ultimo intertempo come uno scooter, il 5% staziona prima dell’arrivo in birreria, il 5% è incollato al chip della biondona o del biondone di turno (a seconda dei gusti).
 
Ciclocross: disciplina dove si vede chiaramente chi viene dalla strada perché fa le curve rigido come un bacchetto con almeno un piede sganciato dai pedali. In realtà è uno sport assolutamente privo di rischi se hai già perso tutti i denti precedentemente. Il ciclocross è indicato a tutti coloro che temono il traffico stradale e non capiscono la differenza tra appoggiarsi ad un cofano dell’auto o abbracciare con vigore un abete centenario.
 
Cima Coppi: ogni ciclista ha la sua Cima Coppi annuale e la Cima Coppi della vita. Si va dall’esperto scalatore di cavalcavia al salitomane perso che ragiona solo su scalate oltre i 700 metri positivi. Che Cima Coppi avete conquistato quest’anno? Scriveteci che poi pubblichiamo le statistiche.
 
Cinese: praticamente ogni molecola che si muove nel nostro mondo ciclosportivo viene da questo grande paese; solo le etichette che reclamizzano la produzione nostrana, tipo polli allevati a terra, sono italiane.
 
Circuito: affare più o meno grande e lungo che impegna allo spasimo i ciclisti in trance agonistica. In genere hanno la meglio i più competitivi e comunque quelli che con tenacia resistono fino al termine. Può esaurirsi in poche prove come può durare per mesi con il limite fisico personale portato allo stremo: cosa non si fa per vincere un salame!
 
Conconi: già averlo menzionato qui ci porterà a decine di controlli antidoping; però resta il fatto che tutte le tabelle di tutte le razze di tutte le miscele di tutti i preparatori sono basati sull’omonimo e celeberrimo test fisico. Insomma se non hai fatto almeno una volta il test di Conconi non ci crede nessuno che stai sotto le 7 ore alla Nove Colli.
 
Copertoncino: tanta strada è stata fatta dai primi bicicli a ruote in legno piene. Michelin aprì una strada con la sua invenzione che però è ancora sconosciuta a chi pratica il trekking stradale su tela; non si fà più aderenza quando sparisce la gomma nera, si piantano meglio le pietruzze. Scriviamolo sull’etichetta.
 
Compound: non è un termine militare che identifica un luogo strategico di difesa, è la mescola dei nostri copertoni. Spesso questi veri capolavori della chimica sono identificati da altri numeri o sigle, tipo TPI, che denotano altre caratteristiche meccaniche. Si sta studiando anche una identificazione atta a stabilire il massimo gonfiaggio in base al peso onde evitare fenomeni tipo petardone con ciclisti over quintale.
 
Curva manubrio: parte variabile presente sul mercato in numerose tipologie diverse in materiale, disegno e utilizzo. Per esempio si parla di curve per crono con attacchi a corna, raggio di curva e raggio di corna, cornini, cornoni, corna e contro corna. Esiste anche un attacco rapido che si inserisce tra la pancia e il telaio per sostenere la ciccia eccedente nei ciclisti una tantum. I materiali sono i soliti, alluminio, carbonio, materiali ossei.
Credito foto: catalogo Gist Italia srl
Credito foto homepage: Archivio Sport Service
Sport Service S.r.l. Milano, Via Smareglia Antonio, 7