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QUANDO IL GRUPPO PASSA
di Stefano Conca
Donne incipriate  e uomini  col  cappello  seduti  ai tavolini del bar  centrale si  voltano infastiditi.
Il parroco benedice i fedeli con la mano destra, interrompe il sermone per portare la sinistra alla fronte e guardare piu' lontano.
La signora  del  terzo  piano  spegne  l'aspirapolvere e si  precipita alla  finestra,  appoggia i gomiti sul davanzale per sporgersi ancora un po'.
Il barbiere ferma la lama affilata sulla giugulare dell'ultimo cliente rimasto, e punta gli occhi fuori dalla vetrina ingiallita.
Alla  fermata  del  bus,  l'autista  di  una  corriera stanca e puzzolente, spegne il motore per ascoltare meglio.
Giovani mamme  spingono  i passeggini coi ventri ancora molli, abbassano gli occhiali da sole per sbirciare.
Un  nonno  con  la  bici  a  bacchette  e  il nipote nel seggiolino, punta i freni e si affretta a girare la testa del piccolo nella direzione giusta.

Quando  finalmente,  dal  fondo  del  corso  principale,  il  rumore  ruvido  della  catena  che accarezza i pignoni, anticipa di poco l'ingresso del gruppo che entra fluido nella piazza, come su  un rullo t rasportatore che  se lo guardi fisso, non  sai se è lui a muoversi o sono le  case a scorrere. E come  col  treno  ad  un  passaggio  a  livello,  le  teste  si  muovono  da sinistra a destra, ancora, in continuazione, finché  l'ultima bici non sarà passata. Il gruppo  è grande, il gruppo è bello. E' lussuoso e strafottente. I ciclisti  sembrano tutti uguali  e  invece ognuno è diverso; è un mondo,  una maglia, una bici,  una storia da raccontare per salite infinite.
I muscoli lucidi delle cosce salgono e scendono sincroni come l'albero a camme del motore di una petroliera. Dietro le mascherine a specchio gli occhi guardano la strada che arriva.
Sotto i caschetti i pensieri vedono quella che va. Un suono limpido si mischia al vociare delle cambiate veloci. Quando il gruppo passa, il paese guarda.
Quando il gruppo passa, tutto il resto… resta.
Credito foto: Newspower