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I CICLOTIPI
di Stefano Conca
Il ciclista amatoriale di mezza età osserva la sua bici da corsa come un oggetto vivo, di cui prendersi cura e proteggere dalle intemperie della vita. Non è raro vedere persone che sistemano la loro “creatura” nel soggiorno di casa o addirittura in camera da letto. Normalmente mogli e compagne non comprendono questo gesto, rifiutano qualsiasi tipo di spiegazione e lo considerano un affronto all’intimità della coppia e una mancanza di rispetto nei loro confronti e della casa che accudiscono con tanta fatica e sudore. Come spesso accade la realtà sfugge allo sguardo e va ricercata altrove. Non siamo tutti uguali, e in pochi mesi di pratica di questo sport avevo già identificato alcune categorie di “ciclotipi” ben riconoscibili:
 
1. Sempre al top.
Per rientrare in questa griglia bisogna avere soldi da spendere oppure una lunga lista di finanziamenti da onorare. Fatto sta che le bici di questi ciclotipi sono sempre nuove, appartenenti ad uno fra i 4-5 brand più in voga del momento, ed allestite al meglio. Per quanto possa sembrare assurdo e difficile da comprendere, un mezzo con queste caratteristiche può arrivare a costare come una moto, anzi di più. I sofisticati utilizzatori di questi preziosissimi mezzi possono anche essere molto forti, ma questo non è l’obiettivo principale. Queste biciclette passano più tempo negli atelier che in strada, hanno un posto assegnato all’interno delle mura domestiche, e sono poste su un cavalletto in colorazione coordinata.
 
2. L’importante è che faccia il suo dovere
In questo gruppo un po' anomalo, si collocano quelle persone che considerano la bici come uno strumento sportivo senza anima, alla stessa stregua di un manubrio per pesistica o un pallone da calcio. Comprano una bdc, spendendo il giusto, la sfruttano al massimo riducendo al minimo manutenzione e spese accessorie e poi entro lo scadere del secodo anno di vita la cambiano.  Tra questi sportivi è facile trovare gente che va forte, e che mette davanti a tutto il gesto atletico.  Per i primi tre mesi la bici è nuova, la vernice è lucida e i componenti mantengono ancora quello strato opaco, quasi ruvido tipico degli oggetti appena comprati. Verso i 6 mesi la brillantezza svanisce, i cerchi cominciano ad ingrigirsi per via della polvere e della gomma dei pattini che si consuma sulle piste frenanti. Al superamento del primo anno di vita appaiono sporche e maltenute; quando ti passano di fianco ti verrebbe voglia di offrirgli una lavata sincera pur di far risorgere la lucentezza originale. Intorno all’anno e mezzo fanno rumore, il cambio è completamente sregolato, perni e movimenti vari hanno perso parte della lubrificazione iniziale. A quel punto anche i temerari pedalatori facenti parte di questa categoria, devono ricorrere (loro malgrado) ad un meccanico per un tagliando e una messa a punto. Se il centro al quale si sono rivolti sarà abbastanza attrezzato e armato di buona volontà, riconsegnerà il mezzo anche pulito e lucidato. Questo permetterà loro di traguardare i due anni e reiniettarlo nel ciclo di rivendita.
 
3. Come una figlia
I ciclisti di questo schieramento vedono la bici come un essere vivente, le parlano, la coccolano e nella stagione invernale la proteggono dal freddo con una coperta di lana. Cercano di non farle mai mancare nulla. La fotografano spesso, si fanno selfie con lei
(perché la bici è femmina ) e poi li postano sui social network con definizioni del tipo: “la mia bambina” o “col mio amore”. Queste persone comprano bici di buon livello e spendono molto per personalizzazioni varie a costo di far decadere la garanzia del costruttore per manomissioni rispetto al modello originale. Di solito fanno riverniciare delle parti oppure cambiano il colore delle scritte coordinandole col nastro del manubrio e con gli adesivi delle ruote. Quelli piu’ “naïf” aggiungono il proprio nome sul tubo orizzontale emulando i professionisti e cercano sempre di indossare un abbigliamento che faccia “pendant” con tutto il resto. Questi sportivi sono estremamente convinti e si allenano con passione e serietà. Ne fanno una questione esistenziale e la bici diventa una “mission”. La tua bici anche se top del top di gamma non sarà mai come la loro, perché ogni parte, componente, dettaglio è stato oculatamente ponderato, valutato, acquistato ed installato. Se sentono un rumore mentre pedalano, perdono la testa. Li vedi divenire irrascibili, nervosi, addirittura sofferenti e depressi; alla prima sosta prendono il telefono, chiamano il loro meccanico di fiducia cercando un po’ di conforto e fissando un appuntamento per il pomeriggio stesso. Quando arriva il momento di cambiare bici, non riescono a separarsene.
 
4. Beata ignoranza
L’ultimo ciclotipo e colui che non ha la percezione del tempo e dello spazio. Non ha grandi disponibilità economiche e nella vita si è abituato ad accontentarsi e a farsi andar bene tutto. Ma soprattutto non concepisce la bici da corsa come un oggetto in cui investire denaro. Li vedi pedalare con mezzi di recupero, oppure con prodotti da supermercato o grande distribuzione. Si aggirano ignari degli sguardi esterefatti e schifati dei ciclisti dei gruppi sopracitati. I pesi non sono un problema, l’aerodinamica un concetto applicabile sono a velivoli aerospaziali. L’abbigliamento segue di pari passo la qualità del ciclo, con taglie sbagliate e colori male assortiti. Tra questi sportivi puoi trovare di tutto, anche gente  che nonostante il mezzo abbia compiuto imprese eroiche, gli altri tendono a minimizzare per invidia o peggio indifferenza.
 
In realtà ci sarebbe l’ultima tipologia: "quelli" equilibrati, in grado di dare il giusto peso alle cose, la cura, la manutenzione del mezzo e di bilanciare saggiamente la passione per lo sport, col lavoro e gli impegni familiari; ma sinceramente fino ad ora ne ho solo sentito parlare;-)
Credito foto:
a href='https://it.123rf.com/profile_amaviael'>amaviael / 123RF Archivio Fotografico<a/a>